STUDIO LEGALE
SCAFETTA

Cassazione: nessun mantenimento all'ex moglie che percepisce reddito, anche se di gran lunga inferiore al coniuge

mantenimento ex moglie con reddito

Diritto di famiglia

Il divario di retribuzione tra i due ex coniugi non basta per averne diritto

L’assegno di mantenimento in caso di divorzio non è più una certezza.

L’ex moglie che ha un reddito proprio, anche se di gran lunga inferiore a quello del marito, non gode più obbligatoriamente di questo diritto.

Sarà dunque possibile che nonostante le condizioni poco agiate della donna rispetto all’ex marito, quest’ultimo non debba più versare neppure un euro per mantenerla.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, attraverso l’ordinanza n. 23602/17 della Sesta sezione civile, evidenziando come il divario di stipendi tra coniugi non sia più un elemento essenziale per gli automatismi che ci sono stati per anni sul diritto all’assegno divorzile.

Una pronuncia che ricalca le orme della sentenza 11504/2017, con cui la Suprema Corte aveva archiviato il principio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, giudicandolo non più un parametro essenziale per l’assegno divorzile.

Nella recente ordinanza la sesta sezione civile ha accolto il ricorso di un uomo a carico del quale la Corte d'Appello aveva posto l'obbligo di versamento all'ex coniuge di un assegno di duecento euro mensili.

I giudici di secondo grado avevano riconosciuto alla donna questo diritto, giustificando tale scelta con la motivazione che l'ex moglie, benché svolgesse un'attività lavorativa dipendente e le fosse stata assegnata la casa coniugale, non aveva redditi adeguati a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, tenuto conto del divario tra le retribuzioni delle parti e la necessità di riequilibrare le situazioni economiche degli ex coniugi.

L’uomo aveva fatto ricorso sostenendo che la sua ex aveva mezzi e redditi tali da condurre una vita autonoma e indipendente, e ciò era dimostrato dal fatto che le era stato fatto un contratto a tempo indeterminato.

Gli ermellini hanno ritenuto la fondatezza del ricorso, ricordando che l'orientamento applicato dalla Corte di merito circa la verifica delle condizioni legali per attribuire l'assegno divorzile, è stato recentemente superato dalla giurisprudenza di legittimità.

Una rinnovata interpretazione che apre nuove strade per il giudice del divorzio: richiesto l'assegno divorzile, il giudizio passa attraverso la prima fase, quella dell' an debeatur, dove si deve verificare se la domanda dell'ex coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge, quali la mancanza di mezzi adeguati o, comunque, l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

E ciò avviene non più con il riferimento del tenore di vita durante il matrimonio, ma misurando i parametri dell’indipendenza e dell’autosufficienza che vanno dimostrati dal richiedente con deduzioni e prove.

Le condizioni reddituali dell'altro coniuge possono avere rilievo solo riguardo la seconda ed eventuale fase della quantificazione dell'assegno, a cui si accede solo se la prima si sia positivamente conclusa: nella fase del "quantum debeatur" il giudice valuta l’ammontare con una serie di elementi, in rapporto alla durata del matrimonio.

Per il riconoscimento dell'assegno divorzile non è dunque sufficiente il divario di retribuzione tra i due ex coniugi.

In questo caso, in virtù di tali principi, il ricorso è stato accolto con rinvio alla Corte d'Appello in diversa composizione.

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