15 ottobre 2018
I sindacati militari sono ormai realtà. Tutto è pronto, il Ministero della Difesa ha emanato una circolare che ne illustra le modalità costitutive e i limiti.
Diversi miei colleghi si stanno organizzando in tal senso, creando associazioni e avviando pratiche burocratiche per ottenere le necessarie approvazioni.
Dal momento che molti mi chiedono cosa stiamo facendo noi dello Studio Legale Scafetta, è opportuno spiegare la nostra posizione, senza polemiche e nel massimo rispetto di chi si sta muovendo in modo diverso.
Noi non parteciperemo alla costituzione di alcun sindacato militare per i motivi che vado ad illustrare.
Innanzitutto, anche volendo, non ne avremmo il tempo. Creare un sindacato comporta un impegno notevole, impegno che non possiamo sottrarre all'attività che ogni giorno portiamo avanti.
In secondo luogo non potremmo rinunciare alla nostra indipendenza. Il nostro modo di operare è assolutamente incompatibile con qualsiasi organizzazione e regole connesse.
Attraverso il nostro gruppo Facebook forniamo consulenza a tutti, facciamo informazione e, quando è opportuno e fattibile, promuoviamo azioni collettive.
L'iscrizione è gratuita, le regole sono le nostre: chi le rispetta è dentro, chi si comporta in maniera offensiva o arrogante è fuori. Nulla è dovuto, non c'è nessun vincolo, nessuna influenza esterna, tutto semplice e assolutamente libero.
Infine c'è un discorso ideologico ma, lo sottolineo, assolutamente personale. Credo che le Forze Armate abbiano bisogno di un cambiamento, soprattutto nella tutela del personale ma non penso che sia questo quello giusto.
Il motivo della mia convinzione sta nel progressivo indebolimento della specificità che caratterizza lo status di militare.
Già precedenti governi, con provvedimenti sciagurati, hanno posto i militari allo stesso livello degli altri impiegati pubblici.
Mi riferisco a blocchi stipendiali o a riforme pensionistiche che non hanno tenuto in nessun conto le enormi differenze che caraterizzano l'impiego del militare rispetto a quello di un qualsiasi altro statale.
Il tutto nel più assoluto silenzio dei vertici e dell'opinione pubblica, opportunamente disinformata, che da un lato lamenta una diminuita percezione della sicurezza e dall'altro non si rende conto che chi ci difende deve essere messo nelle migliori condizioni per farlo.
Questo comporta sacrosanti diritti e rigidi doveri, che non possono essere nemmeno lontanamente paragonati a quelli di un dipendente dell'Agenzia delle Entrate o del Ministero dello Sviluppo Economico (con tutto il rispetto per questi ultimi).
In quest'ottica credo che la creazione di sindacati costituisca un ulteriore indebolimento di quelle che sono le specificità delle Forze Armate e che a lungo termine potrebbe fare più male che bene al cittadino in armi.
In ogni caso questa è esclusivamente la mia opinione personale e non pretendo che sia condivisa da alcuno, è solo per spiegare che non potrei mai impegnarmi in un progetto in cui non credo, pur augurando le migliori fortune a chi si sta organizzando diversamente.
Per chi volesse qualche informazione in più, riassumo brevemente l'attuale quadro normativo che regola la materia dei sindacati militari.
Il Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66) stabilisce che “I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali” (art. 1475, comma 2).
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 120/2018 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 25 del 20/06/2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto articolo, stabilendo che “I militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge; non possono aderire ad altre associazioni sindacali”.
Questo significa che presto potranno essere costituiti sindacati militari (composti esclusivamente da militari) che svolgeranno le funzioni di rappresentanza e tutela giuridica del personale appartenente alle Forze Armate. I militari non potranno invece aderire ad altri sindacati non costituiti da militari stessi.
Al momento, come recentemente dichiarato dal Ministro Trenta, serve una legge che consenta di realizzare un sindacato militare. Fino ad allora la situazione resterà invariata e le funzioni di rappresentanza continueranno ad essere svolte dai Comitati di Rappresentanza di Base, Intermedi e Centrale (CO.BA.R., CO.I.R., CO.CE.R.). Nel frattempo il Ministero della Difesa ha emanato una circolare che indica le modalità di costituzione delle associazioni tra militari aventi carattere sindacale.
La sentenza della Corte Costituzionale si fonda su vari articoli della Costituzione e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Tra le suddette fonti normative, la più diretta è l’art. 11 della CEDU – Libertà di riunione e di associazione.
Il secondo comma del suddetto articolo stabilisce che l’esercizio della libertà di riunione e di associazione, “non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono
misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati (…). Il presente articolo non osta a che restrizioni legittime siano imposte all’esercizio di tali diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell’amministrazione dello Stato”.
Fonti: Sentenza n. 120/2018 Corte Costituzionale - Art. 11 CEDU