L’emergenza Covid-19 ha senz’altro fatto sorgere molti interrogativi:
la mia attività rientra tra quelle essenziali? il mio spostamento è legittimo? Come faccio a certificare di non avere il virus se non lo so?
Queste sono solo alcune delle domande che quotidianamente gli italiani si pongono e a cui molto spesso non è dato avere una risposta certa, a causa del susseguirsi di decreti mutati di giorno in giorno in base ai dati e alle statistiche forniti dal triste ed atteso bollettino quotidiano.
Oltre a queste domande che talvolta ricevono risposta seppur territorialmente differenziata, c’è una questione particolarmente delicata che riguarda tutti i bambini, ragazzi ed adolescenti che di case dove “restare” ne hanno ben due.
E non si tratta di una felice situazione proprietaria, bensì di quella situazione che si trovavano a vivere i figli di genitori separati o divorziati che hanno pieno diritto a trascorrere il proprio tempo sia con la madre che con il padre.
Il problema specifico che si pone al riguardo è il diritto di visita alla luce del divieto di allontanamento dalla propria dimora.
Se questo virus ha già fortemente limitato e sacrificato tutte le più alte libertà in nome del fondamentale e primario diritto alla salute, occorre in tal caso stabilire un equo e giusto equilibrio tra il diritto a poter essere padre o madre e le restrizioni stabilite a tutela della nostra stessa salute.
È chiaro che guida di ogni azione, in questa surreale, inaspettata e sconfortante realtà, non può che essere il buon senso, al di là di ogni norma, decreto o pronuncia giudiziale.
Il buon senso e il consequenziale senso di responsabilità costituirà pertanto la chiave interpretativa di tutte quelle situazioni che non trovano un terreno compiuto e ben definito nel panorama normativo per cosi dire “pandemico – covidiano”.
Nell’ultimo decreto del 22 marzo, viene fatto espresso divieto a chiunque di spostarsi, con qualunque mezzo, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente vi si trovi, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
L’assoluta urgenza ha pertanto preso il posto delle previgenti situazioni di necessità, in cui seppur con un po’ di forzatura interpretativa, pienamente giustificata e comprensibile, veniva annoverato lo spostamento del genitore motivato dalla necessità di stare con il proprio figlio nei giorni stabiliti
L’assoluta urgenza unitamente al divieto di spostamento in un comune diverso dal proprio, non sembrano tuttavia confortare in alcun modo tale interpretazione, a discapito di tutti coloro i cui genitori separati vivono in comuni diversi.
Eh già, perché è evidente la discriminazione che il tenore letterale della disposizione ha aperto in materia.
Infatti , nessun dubbio si pone laddove i genitori separati siano residenti nello stesso Comune, ben potendo affermarsi seppur con quel minimo di elasticità e forzatura interpretativa che il caso richiede, che il diritto a vedere il proprio genitore rientri tra le cause giustificative dello spostamento territorialmente consentito.
Il problema sorge nel caso di genitori separati e residenti in Comuni differenti. Ritenere che lo spostamento sia consentito solo nel caso precedente, creerebbe una palese ed ingiustificata discriminazione a discapito di tutti coloro che vivono la separazione dei propri genitori in modo ancor più problematico, a causa della distanza dalla propria dimora.
Lecito quindi ritenere che lo spostamento nel Comune differente motivato dall’esercizio del diritto di visita sia pienamente compatibile con le ragioni legittimanti la movimentazione personale.
Il ricorso al criterio analogico interpretativo, induce ad applicare lo stesso criterio anche nel caso di separazioni di fatto, diversamente ragionando si creerebbe invero un ingiustificata disparità di trattamento.
È chiaro che in questo contesto, principio di uguaglianza, di non discriminazione, di esercizio del diritto genitoriale debbano recedere in nome del più alto diritto alla salute di ognuno di noi.
Ed allora sarà il buon senso ad evitare ogni spostamento, (seppur giustificato dal più nobile degli intenti – anche nell’ambito dello stesso comune) ogni qualvolta il genitore che intende muoversi per vedere il proprio figlio o viceversa, presenti il benché minimo sintomo indicativo di qualsivoglia allarme epidemiologico.