In ordine alle rette per Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) il perimetro giuridico di riferimento è costituito:
‒ in senso generale dal combinato disposto dell’art. 1, comma 7 del d.lgs. n. 502/1992 e del d.p.c.m. 12.01.2017, per la definizione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria;
‒ per gli aspetti specifici dell’argomento in trattazione, dal combinato disposto dell’art. 3-septies del citato d.lgs. n. 502/1992 e dell’art. 3 del d.p.c.m. 14.02.2001.
L’intero ambito delle prestazioni socio-sanitarie comprende tutte quelle attività finalizzate a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.
Tra queste rientrano le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria che, fornite a carico del Fondo sanitario nazionale e caratterizzate da una particolare rilevanza terapeutica e intensità della competenza sanitaria, riguardano prevalentemente le seguenti aree: materno-infantile; anziani; handicap; patologie psichiatriche; dipendenze da droga, alcol e farmaci; patologie per infezioni da H.I.V.; patologie terminali, inabilità o disabilità in conseguenza a patologie cronico-degenerative.
La caratteristica predominante delle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria è l’inscindibilità delle attività sanitarie da quelle sociali e, conseguentemente, l’indivisibilità dell’impatto congiunto per l’intero processo di assistenza nei confronti dei soggetti coinvolti. Tali prestazioni possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare ovvero nell’ambito di strutture residenziali e semiresidenziali.
La tematica relativa a questa tipologia di prestazioni socio-sanitarie è stata affrontata, in più riprese, sia dalla magistratura amministrativa che da quella ordinaria tanto da portare all’affermazione di importanti principi circa l’interpretazione dell’assetto normativo vigente.
Su tutte si richiamano:
‒ la sentenza n. 561/2010, Cons. Stato, Sez. V, che attribuisce rilievo sanitario agli interventi con carattere di cura delle patologie in atto non solo ai trattamenti che lascino prevedere la guarigione o la riabilitazione del paziente, ma anche a quelli conservativi dello stato del malato, perché diversamente rimarrebbero escluse quelle terapie che non conseguono la guarigione o il miglioramento della salute del paziente;
‒ l’ordinanza n. 13714/2023, Cass. civ., Sez. III, che fornisce un’interpretazione della nozione di prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria. Nello specifico la Corte evidenzia che, nel caso in cui le prestazioni di natura sanitaria possano essere eseguite solo congiuntamente all’attività di natura socioassistenziale in modo da non rendere possibile discernere il rispettivo onere economico, prevale in ogni caso la natura sanitaria del servizio. In tal caso le altre prestazioni debbono ritenersi “assorbite” da quelle sanitarie da un nesso di strumentalità necessaria, essendo dirette a consentire la cura della salute dell’assistito, e dunque la complessiva prestazione deve essere erogata a titolo gratuito. In relazione a quanto precede, per poter ritenere la prestazione socio-assistenziale inscindibilmente connessa a quella sanitaria e, conseguentemente, soggetta al regime di gratuità propria di quest’ultima, deve trattarsi di un trattamento terapeutico personalizzato e, dunque, non connotato da occasionalità.
Alla luce di quanto sopra tratteggiato, qualora sussistano i presupposti di fatto e di diritto, è possibile intraprendere le attività tese al rimborso delle somme eventualmente corrisposte per le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria. L’azione finalizzata al recupero di quanto non dovuto deve essere condotta, mediante il patrocinio di un legale, innanzi al Tribunale ordinario civile competente e può essere intrapresa dal malato, dai soggetti cui è stata conferita la tutela qualora il malato non è dotato di capacità di agire, dai familiari che hanno pagato le prestazioni.
Per completezza, occorre evidenziare che il termine prescrittivo dell’azione è decennale trattandosi della ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c..