Hanno creato una nuova app: si chiama rispetto.

Insegnare il rispetto: cosa oramai impossibile. A scuola o a casa, si dà sempre ragione ai propri figli, senza rendersi conto che molto spesso, siamo noi stessi i responsabili dei loro comportamenti, sempre più spesso sgradevoli.

Complici di questo malcostume di dare sempre la colpa al professore di turno, negli ultimi giorni i giornali si sono soffermati sulla necessità o meno di dare del Lei agli insegnanti.

Ma la giusta distanza tra professore e alunno si pone con la semplice locuzione “lei”?

Essere indulgenti verso gli adolescenti, o imporre delle regole più stringenti per ripristinare la giusta distanza tra chi è alla cattedra e chi tra i banchi di scuola?

E’ questo il tema che divide il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, promotore dell’idea di lasciare liberi i ragazzi durante le festività natalizie, senza compiti assegnatigli dai docenti, e l’assessore all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, che giorni fa, a seguito di un’irruzione di un padre all’interno di un’aula scolastica nel trevigiano, ha deciso di lanciare la sua proposta.

Tornare a dare del lei agli insegnanti, mantenere un atteggiamento congruo di rispetto verso persone con qualche decennio in più e ripristinare l’uso del grembiule scolastico come forma di decoro condiviso.

Complice il dilagare di smartphone e social network, accessibili a ragazzi sempre più giovani, abbiamo assistito negli ultimi anni a varie forme di insubordinazione, se non di violenza, nei confronti degli insegnanti.

Ciò non può essere tollerato, ovviamente, anche se dovrebbe lasciar riflettere su come persone tra i 30 e i 60 anni non riescano a farsi rispettare da giovani ragazzi che, solitamente, compiono queste ‘bravate’ sempre nei riguardi di soggetti deboli, e poco capaci di imporre regole.

Se il rispetto verso gli adulti è scuola di vita, che dovrebbe essere appreso proprio all’interno di un contesto didattico, ci sarebbe da riflettere anche se queste regole astratte – e imposte – possano essere il mezzo migliore per raggiungere il fine.

Non occorre essere psicologi per capire che, in un’età così delicata e propensa a ribellione e protagonismo, non saranno regole standardizzate a migliorare il rapporto docente/studente.

Il ‘lei’ è un qualcosa non presente nella lingua inglese, per fare uno stupido esempio, ma non significa che tutti gli studenti britannici siano violenti.

Il rischio è che questa ulteriore forma di distanza possa essere uno stimolo maggiore a non rispettare regole non scritte, quando una maggiore vicinanza tra insegnante e studente potrebbe venire anche da un rapporto sì amichevole, ma sempre basato sul rispetto.

A volte, in un’età così critica e delicata, ci sono cose che ragazze e ragazzi non riescono a dire nemmeno ai genitori.

Trovare un professore capace di ascoltare un giovane, e magari rivedersi nei problemi che tutti abbiamo avuto da ragazzi, potrebbe essere la migliore soluzione per far capire che la vera crescita di un singolo individuo è rispettare delle regole perché convinti siano giuste. Non perché imposte da qualcuno.