Quando sono rimasta sola, seduta su quella panchina di pietra, nel cortile della sezione famiglia del tribunale di Roma, li guardavo andare via, in modo sconsolato, ero triste.
Quell’accordo che alle 9,30 mi sembrava la consacrazione di una vittoria, di un successo personale, ora mi appariva un fallimento.
Il fallimento dei sentimenti, il fallimento dell’amore e del cuore sulla ragione.
Un mese prima, la mia segretaria fissava l’appuntamento con una donna che doveva separarsi.
Dico doveva, perché il marito le aveva notificato un ricorso di separazione. Lei bellissima e vestita con gran gusto, appena si siede di fronte a me, si scioglie in un pianto, quasi infantile e mi dice: “avvocato, mio marito vuole separarsi, io non so il perché”.
In questi casi, mi faccio raccontare i fatti davanti ad un caffè e una scatola di kleenex, mi faccio lasciare il ricorso e chiedo l’email con un riassunto di una vita, passata in due.
Quella sera avevo letto frettolosamente il ricorso ma ero rimasta colpita dalla durezza delle parole che il marito aveva fatto fluire nel ricorso.
Quelle accuse dure, da madre, mi avevano fatto male.
Tornando a casa, mi chiedevo se avevo fatto bene ad accettare quell’incarico.
Il giorno dopo, con Salvatore, ci eravamo messi subito all’opera per avere copia di tutta la documentazione a sostegno di quel ricorso.
Leggevamo pagine e pagine con la speranza di trovare qualche appiglio e ci rendevamo conto che la strada che ci aspettava era tutta in salita.
Lei purtroppo aveva dei seri problemi caratteriali, difficilmente risolvibili se non con lunghe terapie…
Si poneva il problema: tutelare i loro tre figli o lei.
Questo Ă© sempre il bivio in cui spesso ci si trova quando si fanno le separazioni.
Salvatore era sempre più convinto che avremmo iniziato una guerra senza esclusione di colpi, così iniziava a scrivere la memoria di costituzione, passando al contrattacco, come ogni avvocato divorzista fa.
Io sapevo che da quella guerra ci sarebbero state tre vittime, tre bambini.
L’unica mia salvezza era ricorrere alla nobile arte della persuasione.
Così convincevo la mia cliente che un accordo, sarebbe stato il meglio da ottenere.
La mia idea era questa: se lei fosse stata ostinata, avrei rinunciato all’incarico.
Lasciare tre bambini con una donna instabile, mi avrebbe riservato notti insonni.
Dopo settimane di telefonate, incontri con colleghi e con la mia cliente, finalmente trovavamo un accordo che tutelava la serenitĂ di quei bambini.
Una domanda, lei mi faceva continuamente: “perché non mi ama più”.
Io non potevo risponderle quello di cui mi ero convinta, in quelle settimane, incontrando spesso quell’uomo e leggendo il suo sguardo.
Lui l’amava ancora, ma non poteva vivere con lei, non poteva permettere che i figli soffrissero di una situazione troppo conflittuale.
Il giorno della separazione, con una leggera pioggia che mi bagnava i capelli, mentre li vedevo allontanare, mi piaceva pensare che dopo qualche anno li avrei rivisti insieme perchĂ© se l’amore è vero come lei mi diceva è vero quello che dice De Gregori in una delle piĂą belle canzoni di sempre: il vero amore può nascondersi, confondersi ma non può perdersi mai…
Mi hai ricordato il periodo in cui svolgevo la mia attivitĂ presso il Reparto di Psichiatria e vi era questa donna bellissima, con seri problemi di personalitĂ , che amava alla follia i suoi figli e suo marito, ma era disperata all’idea di poter stare lontana da loro. In questi casi l’amore non basta, bisogna prima di tutto amare se stessi e trovare un equilibrio psico-fisico. Credo che in questi casi il cliente abbia bisogno di incontrare dall’altra parte un professionista che, con la mano sul cuore, tuteli lui e tutto il nucleo familiare. L’amore ci auguriamo possa trionfare, sempre! Quello che hai fatto, Michela, è stato arginare un fiume in piena, che avrebbe travolto tutto, anche l’amore stesso.
Cara Marina, l’importante è circondarsi sempre di persone che possano insegnarti a trovare la strada giusta. Grazie per le belle parole.