Andare in Islanda, vuol dire fare un viaggio nella propria anima.
Mi piace descrivere l’isola più a nord dell’Europa, così: un posto in cui c’è una sola connessione: quella con te stesso.
I miei 12 giorni qui sono stati una completa immersione nella natura selvaggia e un continuo contatto con la mia interiorità .
Avevo programmato questo viaggio ben due anni fa, poi il covid ha cambiato le regole del gioco è così sono partita quest’anno con la mia famiglia.
Ho percorso chilometri di strade deserte, per la maggior parte sterrate, incontrando pochissime macchine e qualche ciclista.
Ci siamo dovuti fermare con l’auto più volte per far attraversare gruppetti di pecore, a tre a tre.
Si perché in Islanda le pecore sono raggruppate così: una mamma e due agnelli. Stanno sempre insieme.
Ho visto centinaia di cavalli correre al galoppo liberi, ho visto molti puledri quasi abbracciarsi con le mamme.
In Islanda il piatto tipico è l’agnello, cucinato in tutti i modi, dalle zuppe a gli arrosti.
L’Islanda è un set cinematografico a cielo aperto, paesaggi lunari di terre vulcaniche, montagne innevate che precipitano verso un mare blu scuro.
Lunghe spiagge di sabbia vulcanica nera raggiunta da onde lunghe di spuma bianca e poi il verde delle colline, coperte di un morbidissimo muschio, che nelle poche giornate di sole brilla di un colore quasi smeraldo.
Il vento spesso soffia sui vulcani e sposta polvere e odore di zolfo.
E poi le solfatare, le trovi ovunque.
Camminare tra i crateri fumanti, essere invasi da soffi di vapore allo zolfo è un’esperienza quasi mistica, come emozionante è stato vedere i geyser che all’improvviso, con una forza sovrannaturale, escono dal centro della terra ed eruttano montagne di vapore.
Quante volte ho studiato a scuola cos’era questo fenomeno naturale e dove si trovava ma vederlo dal vivo, mi ha riportato a quella bambina dai grossi occhiali e dalla lingua lunga che ero.
Gli islandesi sono pochi e li vedi raramente in giro, sono silenziosi e molto riservati, consapevoli di vivere in un paradiso in terra.
Chiusi nelle loro fattorie o nelle calde case di legno ricoperte di latta e con tetti di erba, non ho mai capito cosa facessero.
Abbiamo percorso tutta l’Islanda, facendo un anello.
Siamo partiti dalla capitale Reykjavik e siamo tornati lì.
Una città che brulica di gente attivissima, piccole gallerie d’arte deliziose.
Abbiamo dormito in lodge immersi nel verde, dove persino l’illuminazione era bassa per evitare di compromettere il territorio ed invadere la natura.
Di tanto in tanto, ci siamo fermati nelle terme naturali di acqua azzurra lattiginosa a fare dei bagni.
Quando arrivi in Islanda, ti accorgi della magia di questo posto, perché anche se è notte, trovi un cielo rosso degno di una tela romantica.
Girando l’Islanda, ti rendi conto che non esiste un solo luogo ma tanti paesaggi diversi.
Dalle distese di rocce basaltiche e vulcaniche, alle cascate fino  ai fiordi che sono il vero tesoro di quest’isola.
In queste insenature, puoi trovare dei villaggi che con la loro storia sono dei veri e propri gioielli.
Percorrendo quelle strade, perdendo la vista in quei paesaggi da cartolina, immaginando la vita di questo popolo silenzioso ma fiero del posto, in questi giorni ho avuto modo di ritrovare me stessa e di pensare a quante volte, presa dalla frenesia quotidiana, non mi guardo intorno.
In Islanda, la vita, sembra, scorrere più lenta e le giornate sembrano durare di più e sembra di riuscire a guardarsi meglio dentro, spinti da quelle bellezze naturali di un paradiso in terra.
Vorrei tornare qui in inverno e vorrei tornarci con un cuore più sereno e meno nostalgico.